Cuba, 2016.
Chiunque di voi si sia sentito dire, andando in località esotiche, di stare attenti al cibo e alle bevande alzi la mano.
Fatto?
Bene, siete la maggioranza. Avete sicuramente seguito tutti il consiglio. Avanti, ora chi l’ha fatto, abbassi pure la manina.
Io la lascerò alzata.
Come si poteva resistere alle pizzette di dubbia qualità sfornate da chioschetti improvvisati, tra cacche di topo e sole battente?
Quanto era dissetante quella birra spillata da bidoni di cherosene al carnevale di Santiago?
Perché privarsi del piacere di mangiare un pollo ruspante condito alle mosche in quella bella fattoria a Baracoa?
Tornato in quel de L’Avana, mi sentivo i-n-d-i-s-t-r-u-t-t-i-b-i-l-e. Nulla avrebbe potuto far presagire il disastro, né scalfire la mia esagerata autostima.